martedì 30 settembre 2008

NON DIMENTICHERO' MAI

Dany Età: 21 Quando avevo 14 anni ho passato l'inferno: a scuola in primo superiore. Ricordo perfettamente tutte le umiliazioni che ho subito da parte delle mie compagne di classe, è stato davvero orribile. Quando mettevo piede in classe avevo PAURA. Non volevo andare più a scuola, perchè non avevo amiche e tutti in classe mi prendevano in giro, rovinavano i miei oggetti personali, mi facevano "scherzi" così pesanti che una volta fui costretta a denunciarli (cosa che li costò solo una ramanzina dal vicepreside). Ridevano continuamente di me e di quello che facevo. Ero derisa anche quando venivo interrogata dai professori, che non facevano nulla per farli smettere.. anzi, loro attribuivano tutto al mio carattere troppo "chiuso". Fortunatamente cambiai classe. Ma non dimenticherò mai.

lunedì 22 settembre 2008

NON PUO' PIOVERE PER SEMPRE

serena Età: 23 Ho 23 anni. Sono stata vittima del bullismo quando frequentavo le scuole medie. Adesso credo di aver superato tutto ma di quelperiodo conservo un triste ricordo. Gli anni della spensieratezza purtroppo ioli ho vissuti nella tristezza totale, nell'insicurezza, nell'angoscia. E proprio quegli anni hanno poi condizionato a lungo quelli successivi. Fino a qualche anno prima che io iniziassi le medie non avevo alcun problema coi miei coetanei. Andavo bene a scuola, mi rispettavano. Tutte le mie difficoltà ho iniziato ad averle quando, con la pubertà, ho iniziato ad avere i brufoletti, quando ho messo l'apparecchietto ai denti. Ero molto semplice, non mi truccavo (come invece vedo fare adesso da alcune bambine delle medie) i capelli legati, non tenevo alla mia immagine, ad apparire, perchè... insomma...ero solo una bambina e io mi sentivo tale. Però purtroppo, tutte queste caratteristiche, brufoli, apparecchietto... mi rendevano brutta e quello fu il pretesto che un ragazzino iniziò ad usare per prendermi in giro. Inizialmente, anche se ci rimanevo male, non davo eccessivamente peso. Cercavo di non prendermela. Facevo finta di stare al gioco. Ma poi quel ragazzino iniziò ad essere imitato da un secondo ragazzino, poi da un terzo... e così via.. finchè dopo poco tempo tutta la classe non iniziò ad insultarmi con nomignoli. Quello che più preferivano era scrofa ma ce n'erano anche di altri. Passavo tutta la giornata, per tutti i giorni dell'anno scolastico ad essere presa in giro in questo modo. Mi facevano le canzoncine utilizzando questo aggettivo, scritte alla lavagna, durante la lezione mi lanciavano palline di carta e io di fronte a tutto ciò mi sentivo impotente. Non riuscivo a difendermi. Non ero in grado di farlo. Erano troppe le persone da cui dovevo difendermi. Ho passato 3 annidella mia vita di inferno. Tre anni della mia vita in cui io non ho vissuto affatto. Tre anni in cui io ero sempre triste. Da quando mi alzavo fino aquando non andavo a letto la sera. La mattina mi alzavo già di cattivo umore perchè sapevo cosa mi aspettava... 5 ore di derisione! All'uscita da scuola ero triste per quello che avevo subito. A casa non dicevo niente. Non ne ho mai parlato perchè mi vergognavo a raccontare quello che passavo. E aspettavo la sera, quando tutti erano andati a letto, per piangere da sola e dare sfogo alla mia rabbia. Il giorno dopo si ripeteva la stessa routine. E così per tre anni. A casa mi vedevano sempre cupa, triste, nervosa... mai un sorriso. Mi alzavo da letto che non dicevo neanche buongiorno, ero sempre di cattivo umore. I miei mi rimproverano per il brutto carattere che avevo ma non capivano che alla base c'era una situazione di disagio. Per cui se a scuola ero triste per tutto ciò che subivo, a casa ero altrettanto triste perchè dovevo sentire tutte le critiche da parte della mia famiglia sul mio carattere. Avevo paura di uscire da casa con i miei genitori perchè temevo di poter incontrare i miei coetanei e quindi temevo che mi potessero prendere in giro anche davanti a loro. L'unica volta che mi sono messa a piangere in pubblico fu quando, durante un torneo di pallavolo, tutti i ragazzini presenti (quasi tutta la scuola) invecedi fare il tifo per me dicendo il mio nome, lo faceva coi nomignoli che avevano inventato. Quella fu l'unica volta in cui mi arresi, l'unica volta in cui mostrai a tutti la mia debolezza. Abbandonai la partita e me ne andai piangendo nello spogliatoio. Finite le medie alle superiori le cose cambiarono. Quando la sera prima di addormentarmi piangevo da sola, tra me e me ripetevo sempre una nota frase di Jim Morrison che all'epoca si scriveva sui diari e cioè: "non può piovere per sempre". Avevo un modo di pensare positivo, per cui mi dicevo che quello era solo un periodo e che prima o poi tutto sarebbe finito. E così è stato. I coetanei del mio paese non li ho mai più frequentati. Finita la fase dell'adolescenza sono diventata una bella ragazza. E adesso a distanza di 10 anni da quegli episodi ne parlo in maniera anonima per la prima volta. Fino a qualche anno fa, anche se nell'anonimato, penso che non ne avrei parlato comunque. Dare un consiglio sinceramente mi riesce difficile. Anche se dico che le vittime devono denunciare ai genitori o agli insegnanti io stessa sono consapevole di quanto sia difficile fare ciò. Io stessa dopo 10 anni ho ancora difficoltà a parlarne. Per cui mi verrebbe di rivolgermi maggiormente agli insegnanti i quali dovrebbero far sì che episodi del genere non passino in modo indifferente davanti ai loro occhi ( come è accaduto per me). Ma nello stesso tempo mi rendo conto anche che gli stessi insegnanti in realtà sono impotenti. Cosa possono fare gli insegnanti se nel momento in cui rimproverano un bambino, il giorno dopo vanno i genitori a difendere la "piccola peste"? (o forse sarebbe più opportuno dire la piccola belva?) che interesse o che gusto avrebbe un insegnante a rimproverare un bambino? Se lo fa è perchè evidentemente lo merita, avrà risposto male o avrà fatto qualcos'altro. La causa di questo fenomeno quindi potrebbero essere i genitori? genitori poco attenti o poco presenti nell'educazione dei loro figli? potrebbe essere... ma non si possono neanche accusare questi. purtroppo nella nostra società per poter "andare avanti", per poter pagare il mutuo, sia papà che mamma sono costretti a lavorare, sottraendo così tempo all'educazione dei figli. Conclusione: la causa del fenomeno risiede in tutta la società. Non basta che i pedagogisti si rivolgano ai genitori o agli insegnanti, ma è tutta la società che non va. A partire dalle decisioni politiche prese da chi ci governa che obbligano le famiglie a lavorare sempre di più per poter arrivare a fine mese. Sottraendo del tempo per i figli..e così via.Scusate se mi sono dilungata. Sono solo pensieri...